Tra le valli di Scicli, nascosto dietro le case che si arrampicano sul colle di San Matteo, c’è un quartiere interamente scavato nella roccia. Il quartiere rupestre di Chiafura è composto da centinaia di grotte abitate fino all’inizio degli anni ’60 e con una storia di lotte e rivendicazioni che ricorda quella dei Sassi di Matera.
Le grotte di Chiafura
Le cento bocche di Chiafura si aprono sotto la chiesa San Matteo e si sviluppano a ridosso della Cava di San Bartolomeo. Qui si estendono i quartieri del Bauso, di Timponello e di Santa Margherita che nel Novecento erano tra le aree più povere del paese e ospitavano gran parte delle grotte di Scicli.
La struttura del colle di San Matteo, costituito da un alternanza di terrazze naturali e pareti verticali, è perfetto per un insediamento rupestre: le pareti della collina venivano scavate per ricavare le grotte mentre gli spazi pianeggianti sono diventati orti, sentieri e stradine. Davanti l’ingresso delle abitazioni rupestri si estendeva una stradina o un piccolo orto chiamato raffo, mentre i sette livelli del colle che ospitano le grotte vengono chiamate lenze.
Le dimensioni delle grotte variano dai 20 ai 50 metri quadrati, sono alte circa due metri, il pavimento e le pareti sono costituite da roccia e quasi tutte sono chiuse da un muro dove è stata ricavata una porta e una finestra, il risultato è un ambiente buio e poco areato.
A Chiafura non era raro vivere insieme all’asino o al mulo, gli animali erano fondamentali per il lavoro in campagna e in assenza di una stalla trovavano spazio nell’abitazione insieme alla famiglia. Alcune volte lo spazio usato dall’animale e dalle persone era delimitato da un muro, la maggior parte delle volte da semplici tende o pareti in legno.
Oltre ai letti, gli altri mobili presenti erano il tavolo, qualche sedia, un baule per custodire qualche vestito o quei beni che venivano considerati preziosi e una sottile trave orizzontale dove appendere i pochi vestiti.
La questione Chiafura
Le grotte del quartiere rupestre di Chiafura sono state abitate fino ai primi anni Sessanta, solo una lunga battaglia civile ha permesso l’abbandono delle grotte e la costruzione delle case popolari per gli aggrottati.
Solo dopo il 1950 la percezione del quartiere rupestre cominciò a cambiare, nasceva una questione Chiafura, le grotte del quartiere rupestre diventano una vergogna non più tollerabile e i loro abitanti dovevano essere alloggiati altrove. Le alluvioni e i frequenti crolli che attentavano la salute degli abitanti di Chiafura e delle case a valle, la promiscuità tra uomini e animali, le disumane condizioni di vita diedero una scossa all’opinione pubblica.
Con il passare degli anni si parlerà sempre più spesso delle grotte umide, sporche, senza servizi igienici e acqua potabile, giornali locali e nazionali pubblicheranno articoli sulla «vergogna nazionale». L’impegno per ottenere le case popolari per gli aggrottati assumerà le forme di una lotta generale, motore del processo che porterà alla costruzione delle case per gli aggrottati sarà il Partito Comunista che seppe coinvolgere la società civile e i giovani del Movimento Culturale Vitaliano Brancati.
La visita degli intellettuali
Il momento più alto della questione Chiafura è senza dubbio la cosiddetta visita degli intellettuali del maggio del 1959, quando gruppo di intellettuali, tra i quali ricordiamo Pier Paolo Pasolini, Carlo Levi, Antonietta Macciocchi e Renato Guttuso, visitarono le grotte e si impegnarono a denunciare la miseria di chi le abitava.
Dopo oltre dieci anni di lotta il quartiere fu abbandonato e tutti chiafurari alloggiati altrove, soprattutto nel quartiere di Jungi. Negli anni in cui Chiafura diventò un caso, la miseria delle grotte veniva urlata da più parti, sia dagli osservatori esterni che dagli stessi chiafurari.
Quando l’emergenza cessò da più parti si fece largo la voglia di rimuovere una pagina triste e misera della propria storia. Una volta svuotato degli abitanti, il quartiere è caduto nell’oblio in attesa di poter tornare a raccontare la sua lunga e intensa storia.
Chiafura oggi
Il quartiere rupestre si trova nei pressi della chiesa di San Bartolomeo. Una volta raggiunta la chiesa ci si avvia verso il quartiere attraverso i vicoli che salgono verso il colle alla sinistra della chiesa. Nei pressi di via Timponello si trovano gli accessi al parco attualmente chiuso. L’area del quartiere di Chiafura è un parco archeologico è visitabile solo in rare occasioni. Dopo opere di consolidamento dei primi anni 2000 si attende l’esecuzione di un nuovo progetto che dovrebbe portare all’apertura di un percorso tra le grotte.
Le informazioni di questo articolo sono tratte dalla tesi di laurea Abitare in grotta nel ‘900, il caso Chiafura a Scicli di Roberto Sammito. Lo studio si è aggiudicato due premi: Premio Grimaldi 2014 (Università di Catania e Fondazione Grimaldi di Modica) e Premio Guglielmo Ferro 2013 (Club Kiwanis Scicli). Dalla tesi sono state tratte due pubblicazioni per Agorà, periodico di cultura siciliana (2015) e per il VI Congresso AISU 2014 (Associazione Italiana di Storia Urbana - Scrimm edizioni).