Non sono stato un tuo lettore della prima ora, non sei nemmeno stato uno dei primi autori di cui mi sono innamorato. Per la prima volta ti ho incrociato nella mia adolescenza, lo ricordo ancora.
Avrò avuto tredici o quattordici anni. La mia famiglia andava spesso a trovare dei parenti ad Augusta e trascorrevamo l’intera giornata in casa. Si preparava il pranzo, si consumava il pranzo, si digeriva il pranzo e si ritornava a casa con i resti del pranzo buoni per la cena. Io mi annoiavo tutto il giorno. Cercavo di combattere la noia con i libri che trovavo nella stanza di mia cugina. Lei poteva evitare il pranzo di famiglia perché era già all’università.
Non ricordo molto dei libri che trovavo e leggevo, ho però un’immagine fissa nella memoria. Ricordo un racconto giallo in cui un commissario indaga sull’omicidio di un mendicante che prima di morire lascia un messaggio sulla sabbia, tre lettere: POE. Evidentemente leggevo Un mese con Montalbano e ho conosciuto il commissario con il racconto La sigla.
Ci siamo conosciuti e ci siamo dati un appuntamento nel futuro. Dieci dodici anni dopo ci siamo incontrati nuovamente. Mi aspettavi a Palermo e quella volta non ti ho scelto per noia.
Ricordo perfettamente quando ho acquistato il primo dei tuoi libri, avevo appena visitato la Cappella Palatina, ero emozionato come un bimbo dopo aver ammirato tanta bellezza. Nel bookshop di palazzo dei Normanni vidi una bella edizione de La concessione del telefono stretta nella sua fascetta che sottolineava uno sconto speciale, dentro il prezzo ancora in lire: 28.000.
Del libro mi aveva lungamente parlato un professore dell’università, ma non mi ero mai deciso a comprarlo. Finalmente era arrivato il momento giusto. Lo divorai, lo amai. Fu solo il primo dei tuoi libri che lessi con avidità: poco dopo la mia fidanza mi regalò La scomparsa di Patò che feci sparire in un paio di giornate al mare. Dopo scoccò l’ora de Il birraio di Preston, dei primi Montalbano e molti altri ancora.
Avevo letto alcuni dei “classici”, non ero ancora arrivato ai miei libri preferiti. Il momento in cui capì che eri entrato a far parte dei miei autori più cari fu con la “trilogia della metamorfosi” e soprattutto con Il casellante. Mi aveva parlato di questo libro un amico sostenendo che poteva piacermi. Aveva ragione, ad oggi credo sia il mio libro preferito. La storia di Nino e Minica è stupenda, violenta e delicata.
Nino e Minica mi fecero conoscere Gnazio e le sirene di Maruzza Musumeci, quest’ultimi mi accompagnarono all’uscio di casa di Giurlà mentre partiva per i pascoli per raggiungere Beba in Il sonaglio.
Intanto, mentre ti leggevo e mi appassionavo alle tue storie prendeva forma Visit Vigata, guardavo il commissario Montalbano alla tv, ne studiavo il successo e incontravo persone che mi chiedevano dove fosse Vigata credendola una città reale. Le tue storie e l’immaginario creato dalla serie tv sono oggi una parte importante del mio lavoro e mi portano ad andare in giro a raccontare storie. Le tue, le mie, quelle della Sicilia in cui sono nato e cresciuto.
Ero tra le migliaia che un anno fa sono venuti ad ascoltarti mentre ci incantavi raccontandoci di Tiresia e delle sue metamorfosi al Teatro greco di Siracusa. Seduto su quei gradoni di pietra sapevamo tutti di essere presenti ad un momento unico. Con gli occhi stropicciati dall’emozione alla fine dello spettacolo ci siamo accorti che ci avevi invitato al tuo funerale e ci avevi lasciato un testamento: «sarà bello rivederci in questo stesso posto tra cento anni».
Ci sono due cose che mi consolano in questo giorno triste: l’idea che tua abbia vissuto una lunga vita ricca di soddisfazioni, piena di successi e di azioni che hanno lasciato il segno nella politica e nella società italiana. E la certezza di avere ancora tanti dei tuoi libri da leggere e tutti da rileggerli ogni volta che ne avrò voglia.
Ciao Andrea, grazie per tutte le storie!
Roberto Sammito